Come ho più volte sostenuto, il processo alla maternità non è scontato o radicato solo nel giorno della nascita del bambino, ma potrebbe essere definito come un viaggio straordinario durante il quale si andrà a formare una nuova realtà con tantissimi colori pastello ma che a volte possono incontrare le tonalità del bianco, del grigio o in rari casi del nero e davanti alle quali è necessario riformularsi partendo da quello che fino a quel momento ci ha dato la nostra storia e cercando di aggiungere altre tinte che potranno rendere luminoso un periodo cupo.
Con questa metafora dei colori, introduco il tema della depressione post-partum che negli ultimi anni è argomento di numerose ricerche.
Cos’è la depressione post-partum?
Con il termine “depressione post-partum o post natale” si definisce una condizione clinica caratterizzata da sintomi depressivi nel periodo successivo alla nascita di un figlio, ovvero durante i primi tre mesi dopo il parto o in rari casi anche dopo sei/otto mesi. In tali casi è consigliabile affidarsi ad esperti che possano accompagnare la donna.
Ma potremmo agire con l’obiettivo della prevenzione? Credo che possa essere possibile attraverso la conoscenza dei fattori di rischio legati a tale patologia aventi un’origine biologica, genetica e psico-socio-relazionale. Tra i fattori di rischio di natura biologica rientrano i cambiamenti nella regolazione della serotonina e noradrenalina, neurotrasmettitori prodotti dal nostro organismo addetti al controllo nel cervello degli impulsi nervosi. La diminuzione di queste sostanze chimiche causa, rispettivamente, difficoltà comunicative o insonnia e perdita di iniziativa durante le attività quotidiane.
Per quanto riguarda le cause psico-socio-relazionali, è bene sottolineare che queste rispecchiano situazioni di vita caratterizzate da una bassa autostima e autoefficacia e soprattutto da grandi difficoltà adattive nei confronti di possibili cambiamenti significativi. Quest’ultimi possono includere cambiamenti relazionali (divorzio, morte di un parente, perdita di un animale domestico, cambiamento di casa o città, matrimonio), eventi correlati alla salute o al lavoro. In quest’area relazionale, si include anche la rete di sostegno al nuovo nucleo formatosi.
È frequente ascoltare frasi come “adesso siete una famiglia a tutti gli effetti..adesso siete voi tre…adesso tutto cambia”. Tutto molto vero, ma non sarebbe anche molto bello accompagnare queste frasi con “Io ci sono”. In diverse culture come quella cinese, giapponese o messicana, subito dopo il parto o a volte anche qualche settimana prima, si attiva una rete familiare di sostegno alla maternità attraverso la preparazione di cibi, bevande o la messa in atto di rituali che possano favorire l’allattamento o l’adattamento del bambino alla nuova vita. Nell’Africa sub-sahariana esiste la figura delle “co-madri”, importante per l’iniziazione del ruolo di madre, per le pratiche di accudimento e fonte di continua sollecitazione; per le neo-mamme la loro presenza è fondamentale, mentre ne risulta molto pericolosa l’assenza.
Da qui emerge il forte potere del gruppo o della comunità che circonda la donna. Questo forte senso di cura lo definirei come “cura relazionale”, perché è attraverso la relazione che la puerpera si sente accolta nel suo nuovo status che, però, le sta dando l’opportunità di sentirsi curata, risentirsi figlia “coccolata” e nello stesso tempo rivedere l’immagine di maternità interiorizzata.
DOTT.SSA MARIA CROCE
PSICOLOGA