Cos’è la Disabilità Intellettiva? Quali sfide comporta durante l’adolescenza? In che modo è possibile aiutare un adolescente con deficit cognitivo a trovare un equilibrio accettabile? Quali risorse o limiti il contesto familiare potrà mettere in campo?
Quando parliamo di “Disabilità intellettiva”, facciamo riferimento a una sindrome caratterizzata dalla mancanza di un adeguato sviluppo delle funzioni cognitive e della capacità di adattamento.
I soggetti che riportano tale condizione, mostrano un funzionamento intellettivo al di sotto delle abilità che si considerano adeguate alla sua età. La gravità del deficit può essere lieve, media o grave in base alla misurazione effettuata in termini psicometrici (Quoziente Intellettivo). Ai risultati dei test psicometrici si affianca, solitamente, la valutazione delle abilità che il soggetto manifesta nell’elaborazione del linguaggio, nelle possibilità di autonomia sociale e di scolarizzazione.
In questo articolo, in particolare, vorrei, approfondire il vissuto dell’adolescente. Il deficit di cui soffrono, spesso occupa tutto lo spazio della rappresentazione di Sé, per cui sembra loro impossibile il superamento dei limiti attuali verso un miglioramento della qualità di vita.
All’origine di un deficit mentale contribuisce un complesso intreccio di fattori organici, psichici e ambientali. A volte, diventa impossibile distinguere in modo netto gli elementi più direttamente connessi alle disfunzioni cerebrali da quelli legati ai disturbi affettivi e relazionali. Di fatto, quello che conta è che il deficit cognitivo interferisce pesantemente e continuamente con gli apprendimenti necessari all’organizzazione della personalità.
Da non sottovalutare è la risposta dell’ambiente al deficit che può, infatti, compensare o aggravare la situazione di partenza. Quest’ultimo caso si verifica ogni qualvolta l’ambiente non è capace di creare un appropriato contenimento emotivo o di offrire la comprensione necessaria per lo sviluppo armonioso del bambino. Se questi rimanda all’adolescente un’immagine d’incapacità, incentrata unicamente sull’aspetto dello svantaggio, egli non potrà che identificarsi col deficit.
In particolare, nel caso di un adolescente, uno dei rischi più frequenti è che egli senta che i genitori hanno aspettative molto basse nei suoi confronti. Anche se si spendono nell’accudirlo, talvolta sembrano aver perduto la speranza che egli proceda nel recupero delle funzioni deficitarie. È come se il loro sguardo fosse catturato unicamente dallo scarto tra i ragazzi “normali” e il loro figlio.
Nello stesso tempo, questi ragazzi fanno molta fatica a modulare l’espressione delle loro emozioni, dei bisogni e dei desideri. Tale incapacità può portarli a esplosioni d’ira che spaventano i genitori. Fino a che i figli erano piccoli, il contenimento emotivo sembrava loro più semplice da gestire. Ma, con l’adolescenza, il problema si presenta agli occhi dei genitori in termini più preoccupanti, riattivando in essi un’ulteriore ferita narcisistica legata alla percezione dell’inadeguatezza del proprio figlio, poiché vedono crescere lo scarto rispetto agli altri ragazzi che hanno maturato strumenti pìù adeguati a reggere l’ondata emotiva tipica dell’adolescenza. Oltre alle esplosioni di aggressività, un’altra caratteristica presente in questi ragazzi, è il sentimento di tristezza profonda che provano nel rendersi conto del divario che li distanzia dai loro pari. Il dramma di chi ha un deficit lieve è quello di avere un grado di consapevolezza sufficiente a rendersi conto delle sue difficoltà. Questa tristezza può tradursi in una serie di comportamenti che vanno dal ritiro, alla pigrizia, all’apatia, al mangiare troppo o troppo poco.
Nei casi in cui il deficit cognitivo si riveli poco o per nulla recuperabile, non possiamo dire lo stesso dell’assetto relazionale, che può diventare invece una buona opportunità per migliorare la qualità della vita di questi adolescenti.
Il trattamento di un adolescente con deficit cognitivo richiede, pertanto, uno sguardo globale che tenga conto tanto del danno fisico quanto delle distorsioni relazionali nei momenti centrali del suo sviluppo.
Quali possono essere gli obiettivi di un trattamento?
Innanzitutto, la conquista di una sempre maggiore autonomia, giostrando un delicato equilibrio tra la valorizzazione della persona disabile e l’onestà di non doverla illudere. La psicoterapia, può diventare lo spazio in cui viene a galla l’ambivalenza che questi adolescenti vivono tra il desiderio di farcela da soli e la grande paura di conquistare nuovi ambiti di autonomia. Il terapeuta può accompagnarli in questo percorso fatto, spesso di piccole ma significative conquiste.
Il supporto terapeutico può, inoltre, essere importante nel fornire spiegazioni alla diversità che questi adolescenti intuiscono nel confronto con i loro pari e nel dar loro gli strumenti per esprimere le emozioni che accompagnano questa consapevolezza.
Questo tipo di supporto, deve creare, dunque, un interscambio tra l’adolescente, i familiari e i professionisti, e fornire strumenti utili per conoscere meglio i bisogni dei soggetti coinvolti, accompagnare lo sviluppo cognitivo ed affettivo dell’adolescente e ridurre i conflitti.
DOTT.SSA VERONICA CARTIA
PSICOLOGA