Psicoterapia e Psichiatria

Fare i genitori, un mestiere difficile!

Il senso della parola “genitorialità” è in continua evoluzione. Da un punto di vista clinico il concetto è stato ampiamente sviluppato durante il ‘900 e nell’ultimo ventennio ha assunto sempre maggiore rilevanza anche in ambito giuridico (Camerini, Vicentini ecc.).

K. Levin, coglie alcune sfumature, che hanno una valenza clinica, quando descrive come, le diverse fasi evolutive dei figli riattivano bisogni ed angosce che fanno parte della storia evolutiva del genitore. Nella nostra genitorialità convergono tutte le esperienze, i ricordi, i comportamenti, le fantasie, le aspettative, le tradizioni dei nostri genitori ecc., e la riattivazione dei nostri bisogni e difficoltà che suscitano i figli, possono permetterci la rielaborazione di una fase della nostra crescita psicologica-relazionale, che fu marcata da difficoltà, crisi, contraddizioni e confitti, anche se non sempre ce lo ricordiamo. Essere genitori è un’opportunità straordinaria per riflettere su noi stessi! Un figlio piccolo, così come un figlio adolescente permette di sperimentare una serie di emozioni così intense che rappresentano una grande possibilità di riflessione e crescita personale.
Possiamo pensare la nostra genitorialità come qualcosa che non è limitato all’essere genitori ma coinvolge l’essere umano in senso più ampio: la genitorialità è una competenza che può essere svincolata dal ruolo genitoriale, anche se la nascita o l’adozione di un figlio ne permette l’esplicitazione ed una connotazione diversa.

Proviamo a comprendere la complessità di ciò abbiamo definito genitorialità analizzando alcune delle sue funzioni.

Valutazione dell’idoneità genitoriale

La psicologia clinica prima e la psicologia giuridica poi, hanno riflettuto sulle modalità attraverso le quali le persone svolgono e assolvono il loro ruolo genitoriale, favorendo lo sviluppo psicosociale dei figli (Volpini 2011).

Vediamo brevemente quelle che possono essere le principali funzioni genitoriali descritte in letteratura:

a) La funzione protettiva è la funzione tipica di chi si prende cura e accudisce il bambino, che consiste nell’offrire cure adeguate, fornire protezione e sicurezza rispetto ai bisogni del bambino. Diversi studi (Scimmiette di Harlow, si possono vedere anche su youtube) hanno evidenziato come sia prioritaria la cura rispetto al nutrimento. Questa funzione proiettiva è definita da Brazelton e Greenspan (2001) con il concetto di “presenza del genitore” con il bambino, è formata da cinque dimensioni:

  1. presenza nella stessa casa;
  2. presenza che il bambino possa osservare e vedere;
  3. presenza che faciliti l’interazione con l’ambiente;
  4. presenza che interagisca con il bambino;
  5. presenza per la protezione fsica e la sicurezza;

La funzione protettiva più di tutte determina il legame di attaccamento (J. Bowlby). Il tipo di attaccamento è dato dalla vicinanza di chi si prende cura del figlio e “il mantenimento di una relazione di attaccamento è vissuto come fonte di sicurezza mentre una minaccia di perdita origina ansietà”. La funzione protettiva, se svolta sufficientemente bene (Winnicot, “genitore sufficientemente buono”), determina quello che Bowlby ha definito “base sicura” (Base dalla quale il bambino può allontanarsi per esplorare il mondo e poi farvi ritorno. L’adolescente riprende questo movimento di allontanamento-riavvicinamento).

b) La funzione affettiva definita da Stern come “sintonizzazione affettiva”, quale capacità di sintonizzarsi con la sfera emotiva del figlio, oggi ha assunto un significato più generale di capacità di entrare in risonanza affettiva con l’altro, pur riconoscendone la diversità e permettendone il processo di separazione (M. Mahler, processo separazione-individuazione). Questa sintonizzazione affettiva, rispettosa dell’altro, permette l’incoraggiamento verso l’esplorazione e favorisce i processi di mentalizzazione (P. Fonagy, capacità di comprendersi e
comprendere gli altri). Al contrario si favoriscono vissuti di isolamento e paura rispetto all’ambiente.
Quando il bambino sperimenta un attaccamento sicuro (J. Bowlby) svilupperà un maggiore senso di identità e avrà maggiore capacità di comprendersi e comprendere gli altri.

c) La funzione auto-regolativa va intesa come la capacità di “regolare” i propri stati emotivi e attuare risposte comportamentali adeguate. La capacità di regolazione è la base per poter decodificare le proprie esperienze e non sentirsi sopraffatti da queste e le interazioni con gli altri senza esserne dipendenti o sopraffatti. L’abilità o meno di chi si prende cura del bambino a questo livello può determinare disturbi della regolazione (difficoltà nel regolare le emozioni, il comportamento, i processi attentivi, quelli motori, affettivi, lo stress ecc.).
Nelle organizzazioni di personalità borderline si vede molto spesso come questa competenza sia compromessa. La mancanza di competenze genitoriali appropriate potrà determinare difficoltà a questo livello.

Può essere attuata dal genitore secondo queste modalità:

  • iperattiva (genitore troppo controllante, troppo stimolante, troppo protettivo, che dà troppe regol …) con risposte intrusive che non danno tempo al bambino di segnalare i suoi bisogni o i suoi stati emotivi;
  • ipoattività豰 (genitore assente, disinteressato, poco stimolante, che non stabilisce regole… ) quando vi è scarsità o mancanza di risposte;
  • inappropriata quando i tempi del genitore non sono in sincronia con quelli del bambino.

d) La funzione normativa risponde al fondamentale bisogno del bambino di avere dei limiti e vivere dentro una struttura di comportamenti coerenti, struttura che deve essere spiegata, non basta dare regole! È una funzione supportiva a quella regolativa e richiede possibilmente la capacità di fornire un esempio, il genitore attraverso questa funzione testimonia il proprio rapporto con la società, con la norma, con la civis, con la fiducia nell’altro… Passa attraverso l’abilità del genitore di porre dei confini flessibili di regole che permettano al bambino e all’adolescente di fare esperienza e di creare le premesse per l’autonomia. Limiti e confini che si modificano in funzione dell’età del bambino-adolescente.
La funzione normativa riflette l’atteggiamento genitoriale di fronte alle norme, alle istituzioni e alle regole sociali. Questa può essere una delle funzioni genitoriali più complicata durante l’adolescenza del figlio poiché tende a mettere in risonanza con la storia personale e le proprie caratteristiche di personalità.

e) La funzione predittiva riflette la competenza del genitore nel comprendere il momento evolutivo del figlio e predirne la tappa evolutiva successiva, in modo da poter cambiare modalità relazionale con il crescere del bambino, adeguandosi alle nuove competenze acquisite da quest’ultimo. Fondamentalmente si tratta di avere in mente che il figlio è un soggetto in evoluzione, mai uguale a se stesso e che ha competenze in funzione della fase evolutiva.

f) La funzione significante (Cramer, Brazelton) riguarda le attribuzioni di significato che il genitore dà alle richieste del bambino, significa dare senso ai bisogni del bambino. Attraverso questa funzione fondamentale lui impara a comprendere i propri bisogni. Il genitore funge da contenitore. Chi si prende cura del figlio crea una cornice che dà senso all’azione del bambino, questo dare senso ai suoi bisogni inserisce il bambino in un mondo che ha senso (“funzione alfa” di Bion). Attraverso questa funzione il bambino impara a pensare, a pensarsi, a comprendersi e a comprendere gli altri.

g) La funzione rappresentativa e comunicativa, consiste nella capacità del genitore di sapere “aggiornare” le rappresentazioni (immagine, idea) sul bambino e di saper comunicare con lui attraverso scambi di messaggi chiari e congrui. Questo consente al genitore di non crearsi aspettative insensate, seguite da delusioni. Per funzione rappresentativa va intesa proprio la capacità di modificare continuamente le proprie rappresentazioni in base alla crescita del bambino e la possibilità di comunicare con lui su basi diverse.

h) La funzione triadica riguarda la capacità del genitore di far rientrare il bambino nella relazione genitoriale. Potremmo definire la funzione triadica come la capacità dei genitori di avere tra loro un’alleanza fatta di sostegno reciproco. È un “gioco di squadra”. Questo richiede la capacità del genitore di vedere il bambino dentro una relazione dove c’è spazio per lui come terzo.

i) Funzione proiettiva è riferibile alle proiezioni, alle aspettative che il genitore rivolge al figlio. Modalità narcisistiche tramite le quali il genitore investe il figlio di caratteristiche (alto, bello, biondo, laureato…). Queste modalità proiettive possono dar luogo a psicopatologie se invasive e poco rispettose delle caratteristiche del figlio, ma il narcisismo, sia materno che paterno, ha una funzione importante nel costruire una sana immagine (autostima) per il bambino.
Ancor prima della gravidanza si costruiscono fantasie intorno al futuro dei figli, si pensa al nome, al senso del nome… Dentro la funzione proiettiva si colloca la capacità del genitore di tollerare la separazione, l’indipendenza, l’autonomia del figlio; di considerarlo quindi come oggetto a sé stante e non come oggetto funzionale alla propria realizzazione.

l) Funzione Differenziale: la genitorialità si può esprimersi attraverso una funzione materna e una paterna. Non attribuendo esclusivamente alla donna la funzione materna e all’uomo la funzione paterna, in questo senso si parla di funzioni. All’interno di una coppia genitoriale entrambe le funzioni devono essere presenti.

l) Funzione Transgenerazionale è relativa alla storia familiare, è l’appartenenza ad una storia che inizia prima della nascita del figlio, riguarda le storie familiari di entrambi i genitori. La consapevolezza, i ricordi o gli oblii di ogni genitore condizionano l’inizio di ogni nuova vita. Il racconto della storia familiare o il tacerla, il negarla o portarla avanti con dei segreti non potrà creare fantasmi più o meno consapevoli che creeranno limiti e risorse nel figlio.

DOTT. GIAMPIERO FIORINI

PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA e PSICOANALISTA
Specialista in psicodiagnostica clinica & forense