Così l’ho sempre visto. Un piccolo mostro annidato nella mente. Il mio cervello la cabina di controllo e lui nascosto, sempre pronto a salire alla
postazione di comando.
Per tanti anni il volante glie l’ho lasciato: ero affaticata dall’esistenza e lui a vivere sembrava fare un lavoro migliore di me. Ma quando finalmente il mio corpo si è schiantato ho capito: quella postazione dovevo riprendermela.
Da allora, è questo il mio lavoro. Vivere bene a sufficienza da non desiderare di cedergli il posto di comando di nuovo. Lui mi osserva dall’angolo della stanza, quando mi vede debole tenta un’approccio, si avvicina. E non lo nego, a volte scivolo ed una mano sul volante finisco per lasciargliela mettere. La fatica è tanta e cedere sembra così semplice. Ma il peggior giorno da libera è comunque migliore del miglior giorno nelle sue mani.
Conosco me e lui a sufficienza da rimetterlo al suo posto ora. Ho scoperto di volere e valere più di ciò che il piccolo mostro mi può dare. Sono forte a sufficienza da volere il meglio per me, per la mia vita, per il mio corpo. Mi voglio bene a sufficienza da sapere che mi merito gli sforzi immani che costruirmi un presente felice mi richiede.
Sono stanca. Sono viva. Sento la gioia ed il dolore. Chiedo a gran voce l’abbraccio di chi mi ama, ogni tanto. Ma lui no, non lo chiamo. Lui mi vuole morta, non viva. Di lui non avrò più bisogno.
Testimonianza di T.R.