“Alle persone anziane, ma non solo, direi di approfittare di questo periodo per scrivere la storia della loro vita, di creare questo documento prezioso che poi resterà per sempre nella loro famiglia.
Io sarei felice di avere oggi un diario o un racconto dei miei nonni o bisnonni: le radici sono sempre importanti“.
Così il noto Piero Angela ci suggeriva di vivere in maniera più radicata e presente il lockdown, intuendo la potenza di un’azione del genere: la scrittura della propria storia diviene un processo di riparazione e crescita dei propri vissuti interni ed uno splendido ponte per le generazioni future; un telaio su cui intessere una continuità di eventi che assumono ancora più Senso se inseriti nella nostra famiglia.
“La scrittura comporta innanzitutto un sollievo che deriva dalla scarica psicomotoria legata alla pura materialità del gesto grafico”(S. Ferrari): proprio così, provare per credere.
A chi non è capitato, tramite l’uso preferibilmente di una penna o di una matita ed il solo poter far scorrere fisicamente la mano, in armonia col nostro flusso cognitivo ed emotivo, di agevolare la manifestazione della nostra rabbia, malinconia, tristezza o commozione?
Magari lasciando dei segni personalizzati, dei simboli, che possono trasformarsi in cancellature, strappi, lunghi racconti armonici: questi saranno l’espressione di un pensiero che avrà modo di esprimersi in modo molto più disteso e riflessivo che con altri mezzi, dandoci la possibilità di prendere fisicamente le distanze da alcuni argomenti che portiamo nel cuore, ‘appoggiandoli’ sulla carta, dando loro un nuovo spazio.
La scrittura va così a materializzare e contenere un eccesso di tensione, contribuendo a metabolizzare ed elaborare, grazie alla sua simbolizzazione, le nostre esperienze: traumatiche e non, attraverso il rispecchiamento e ripetizione delle funzioni della concettualizzazione e della verbalizzazione.
Tramite il gesto narrativo si dá un nuovo spazio, un progressivo significato e dunque un Senso a ciò che si è vissuto: è un modo per sottrarre la propria vita al caso e dare uno spazio anche al proprio dolore, alle felicità nascoste e date per scontate, ai propri non detti, all’impressione di avere sprecato la propria esistenza.
Abbiamo una vita da vivere: scrivendo potremmo avere la possibilitá di risignificare e dare una collocazione, a qualcosa che ci fa ancora soffrire o ad un evento apparentemente banale, che si svela e ci aiuta a connettere eventi ed esperienze vissute.
E chissà: magari potremo regalare spunti, sorrisi e speranze ai nostri amici, posteri e familiari, che si ritroveranno meno soli ascoltando o leggendo le narrazioni di episodi e consapevolezze vissute da qualcuno prima di loro.
DOTT.SSA SARA FIORINI
PSICOLOGA