La nascita di un figlio può essere definita come uno dei momenti di crisi di un sistema familiare. Per crisi intendiamo non un momento di negatività e rottura, bensì un punto del processo evolutivo di un sistema familiare che richiede una riorganizzazione: definiamo così la famiglia come un sistema in continua evoluzione. Con l’arrivo di un bambino ogni componente del nucleo familiare è chiamato ad una revisione del proprio ruolo all’interno della coppia e successiva identificazione nel ruolo genitoriale. Tutto questo prevede dei momenti di stress che potremmo definire necessari per raggiungere uno step superiore del processo evolutivo della famiglia.
Ma cosa succede quando viene comunicata la diagnosi della disabilità del proprio bambino? Sin dal periodo della gravidanza i genitori idealizzano il figlio in arrivo, creando delle prospettive, progetti da realizzare concentrandosi soprattutto sulle capacità, competenze o talenti che il proprio bimbo potrà avere. Quando una coppia genitoriale riceve la comunicazione della diagnosi viene investita da una forte realtà che non coincidendo con quanto idealizzato può portare a vissuti emotivi caratterizzati da tristezza, ansia e preoccupazione che mettono in crisi l’equilibrio familiare: potremmo definirlo un vero è proprio lutto che merita il tempo e lo spazio necessario per essere rielaborato.
Nonostante al giorno d’oggi si assiste sempre più frequentemente ad un equilibrio all’interno della coppia genitoriale, caratterizzato da una suddivisione dei compiti e sostegno reciproco, è altrettanto frequente che sia la mamma ad essere investita in prima linea nell’accudimento del figlio disabile. La mamma di un bimbo con una disabilità è la mamma che dovrà rimettere in discussione il modello di maternità idealizzato durante la propria gravidanza, è la mamma che dovrà lasciar andare il bambino idealizzato per accogliere il bambino reale che ha partorito e che, nonostante le diversità tra i due, merita di essere amato allo stesso modo perché nasce con lo stesso diritto di qualsiasi bambino. Spesso si assiste alla frase che un bambino con disabilità è un bambino speciale come se esistessero dei bambini di serie A o serie B.; per quanto questa frase possa essere menzionata con intenzione consolatoria, credo che non arrivi così alle loro mamme che in realtà meritano il giusto tempo e spazio per elaborare le proprie emozioni e vedere la specialità nel loro bambino come ogni altra mamma. La mamma di un figlio disabile si sente una mamma diversa! La disabilità del proprio bambino può occupare un ruolo centrale nella vita della donna che spesso porta ad escludere tutto quello che non è direttamente collegato con quest’ultimo; ecco che è possibile assistere a fenomeni di isolamento sociale, trascuratezza nella cura della propria persona e stile di vita, emozioni non espresse che spesso possono sfociare in vere e proprie crisi con conseguenti sensi di colpa. È frequente trovarla impegnata a progettare o ricercare le migliori soluzioni per sostenere il figlio, ma cosa potrà servire realmente?
Alla mamma di un bimbo disabile serve darsi del tempo, richiedere o accettare aiuto dal contesto in cui vive o da professionisti adeguatamente formati senza sentirsi in colpa o non abbastanza competente, buttare fuori le proprie emozioni anche se può far male…ma una ferita può diventare una feritoia e così la mamma di un bimbo disabile sarà semplicemente LA MAMMA DEL PROPRIO BIMBO!
DOTT.SSA MARIA CROCE
PSICOLOGA